PREMIO COLORE 2018 al MAESTRO ROBERTO CAPUCCI

a cura di Anna Marotta

Il titolo scelto per il premio, Dieci domande a Roberto Capucci tra arte e magia, ha inteso esaltare la cultura del colore, nella cultura del fashion. 

Ancora una volta, di Roberto Capucci emergono potentemente la personalità e il carattere intellettuale, ma anche la sua dimensione etica: non a caso, egli è divenuto – programmaticamente – un “motore di ricerca” per giovani e appassionati nel settore.

Nella sua formazione artistica all’Accademia di Belle Arti di Roma il contributo di Mazzacurati, De Libero e Avenali, ha sicuramente influito sul suo modo di intendere la creazione d’arte. Non è qui il caso di ricordare gli innumerevoli premi e riconoscimenti conferitigli.

Nel 1961 le sue creazioni suscitano entusiasmo alla Chambre Syndacale de la Mode francese, mentre partecipa alla Biennale di Venezia (1995-1995). Crea a Firenze la Fondazione Roberto Capucci, alla quale segue il Museo della stessa Fondazione, ora a villa Manin a Passariano di Codroipo, Udine. Finanzia il premio (che porta il suo nome) per i giovani designers. Nel marzo 2013, in Piemonte, la Venaria Reale ospita la sua mostra ”Alla ricerca della regalità”.

Nell’intervista/dialogo che la nostra associazione ha proposto di realizzare in occasione del Premio Colore, in particolare, sul tema COLORE FRA TEORIA E PRASSI, Capucci dichiara convinto:” Per me il colore è vita, è bellezza, è sorriso, è tutto: immaginate se un giorno ci alzassimo e il cielo fosse tutto grigio, gli alberi grigi, il sole grigio, sarebbe per me una spinta al suicidio. Il colore invece è uno stimolo alla gioia, può rappresentare una consolazione, in momenti difficili può ridonare allegria e riposo. Anche per questo io guardo alla Natura per prima cosa e poi passo ai grandi artisti che hanno realizzato delle opere incredibili usando il colore. Educarsi al colore non è semplice, pochi hanno il dono dell’intuito e dell’equilibrio e perlopiù in molti seguono i parametri della moda adeguandosi ad uno stile che non gli corrisponde. Molte volte è stato confermato che le mie creazioni possono costituire un contesto esemplare per la teoria dei colori. È ovvio che la teoria non suggerisce quali combinazioni usare, formando invece una sorta di grammatica, come lo studio dell’armonia e del contrappunto per il musicista. Così, le regole non garantiscono l’opera d’arte, ma non si dà l’opera d’arte senza le regole.

In merito al rapporto tra FORME, LINEE e COLORE il Maestro, per la sua ricerca di nuove soluzioni, trae ispirazione da molte cose, come l’ombra di un minareto, un palazzo, un colonnato, una fontana, un luogo come Petra. “Bisogna osservare, guardare, sempre”, egli afferma. Una caratteristica cromatica singolare delle sue creazioni è data dal rapporto fra colore oggettuale di superficie e luce: il tessuto cangiante ha la proprietà di apparire sfumato lì dove le superfici si incurvano e questa sfumatura si aggiunge alle variazioni di luminosità, che proprio nelle pieghe assumono il massimo risalto.

L’effetto risultante è che la stoffa diventa luminosa, però senza artifici, con naturalezza.

“Purtroppo – egli riflette – oggi non si osserva più: non se ne ha il tempo, non si guarda più si è bombardati da immagini e siamo immersi in una bruttura incredibile, ma si può ancora isolarsi per percepire la bellezza delle linee e delle forme”.

LA NATURA COME FONTE DI ISPIRAZIONE NELL’ARTE DEL FASHION 

Per il Maestro la natura (come per i grandi artisti) è “una fonte inesauribile, irripetibile, continuamente sorprendente di ispirazione, che studio e osservo nelle sue forme, nei suoi colori, appassionatamente, in modo metodico e assiduo: acqua e pietre, piante fiori e animali. Una foglia può essere osservata per un tempo indefinito: la sua struttura materiale, il modo di piegarsi, i suoi colori e sfumature, le diverse prospettive a seconda del punto di osservazione, non cessano di educare l’occhio dell’artista”. Alla bellezza ci si educa – è il pensiero di Capucci – abituandosi a osservare cose belle: l’affinamento del gusto e dello spirito avviene mediante la frequentazione assidua della Natura e dei musei.

Così, in un ideale itinerario da Leonardo a Goethe, l’osservazione della Natura salda la scienza all’arte. Anche nel vestire, dunque, possiamo affermare che “la bellezza salverà il mondo”!

IL MOVIMENTO COME VALORE AGGIUNTO

Sono convinto che tutto si anima con il movimento, il colore vive nel movimento e la struttura si trasforma in qualcosa di reale: l’ho ampiamente sperimentato.

Qualcuno (Lia Luzzatto e Renata Pompas) parla del mio come ”colore polidimensionale” e, riferendosi al movimento, nota che il colore si espande nello spazio e nel tempo, mentre conferisce moto proprio alla forma; nell’abito indossato si svela e si vela con sapiente regia, mostrando accostamenti inediti.

Colori complementari si propongono come vibrazione ritmica in alternanza ad itteniani toni caldi e freddi, esaltando con ombre colorate (in ricordo di Goethe) le morbide forme di petali, e componendo corolle colorate, che si muovono e danzano.

Nel rapporto fra PROGETTO, REGOLA E LIBERTÀ egli afferma: “Se potessi, abolirei il termine “moda” dal vocabolario: essere “alla moda” è essere fuori moda. La moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, deve essere costruito come un palazzo, perché come un palazzo è la materializzazione di un’idea.”

Si potrebbe concordare che prima ci si sente “ospiti” dentro l’abito, come in una casa nuova, poi quella diventa la propria casa, familiare, dove ci si sente a proprio agio, diventa espressione di sé. Per questo il vestito non può andare bene a due persone diverse: è fatto per quella persona, per il suo modo di esprimersi, di mettersi in relazione con gli altri.” Non occorre essere belle per indossare un abito di Capucci” – afferma il Maestro – bisogna essere persone autentiche, forti, coraggiose: il vestito bello esige forza morale, essere a proprio agio con se stessi e con gli altri”. 

Da qui deriva il fascino di una persona. Se la moda comporta una qualsiasi forma di standardizzazione, non è più bella: il colore, la forma, il tessuto non devono essere “alla moda”, ma devono essere il “mio” colore, la “mia” forma. È questo il mio insegnamento ai giovani: cercare e valorizzare l’individualità, ciò che caratterizza e rende irripetibile ogni persona. Esattamente il contrario della massificazione programmata”.

LIBERTÀ E FORZA MORALE 

Infine in merito alla grande e ferma coerenza con la quale ha sempre difeso le sue convinzioni, Roberto Capucci conclude: “Le imposizioni non mi sono mai piaciute, ho fatto il mio lavoro pensando alle mie suggestioni e allontanandomi sempre più dal mondo della moda che non mi appartiene più.

La caratterizzazione che io cerco di realizzare per ogni abito, non è un rifugio nell’individualismo, o nel particolarismo: l’approfondimento culturale consente di interiorizzare gli elementi di comunione. La vera moda riscopre le radici della storia e della cultura nella quale viviamo, le sviluppa e le reinterpreta continuamente, senza pedisseque e acritiche ripetizioni, rendendo attuale – come direbbe Burkardt – il passato”.

La bella intervista / dialogo, che ha mostrato immagini e capolavori del Maestro Capucci, è stata realizzata da Pietro Merlo e Riccardo Covino nel Laboratorio Audiovisivi del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, con il coordinamento scientifico di Franca Ceresa. Le domande sono di Anna Marotta. 

Componenti la commissione per il premio: Agapito Di Tommaso, Raffaella Trocchianesi Anna Marotta (presidente).

Il premio è stato ritirato da Paolo Alvise Minio Capucci durante la XIV Conferenza del Colore, Firenze 11-12 settembre 2018

FOTO: consegna del premio al nipote del Maestro Roberto Capucci